RICORDI DI UN NATALE AI CONFINI DELLA REALTA’

Sopravvissuta alle “Feste” passate a Milano con i miei, mia nonna Clelia e le mie temibilissime cugine gemelle.

Sono arrivata con il mio trolley verde acido in stazione Centrale e subito ho riassaporato l’aria di casa. In effetti non è che a Torino stia male, ma Milano mi riporta a casa. Prendo un tram e in pochissimo tempo arrivo davanti casa di mia nonna Clelia, una delle poche persone che davvero mi mancano. Citofono e poco dopo sento un frastuono incredibile: è il citofono che cade sbattendo contro il muro. La cornetta penzola e tu da sotto senti tutto quello che succede in casa:

mia nonna sta gridando qualcosa a Giulio, il figlio di mia cugina Guenda. Il bambino grida, la tv è a palla. Ricitofono e finalmente mia nonna grida che hanno suonato.

Mi aprono. Una decina di click. Come quando il cane ti fa le feste quando arrivi. Ecco, da mia nonna se sei benvoluto te lo dimostrano cliccando mille volte sul tasto che apre il portone.

Arrivo su con l’ascensore di quelli antichi, tipo quello di “Profondo rosso”. La casa di mia nonna è quella dove c’è casino. Entro: “Nonna?” Lei arriva, con un golfino azzuro i capelli in ordine e una gonna grigia. “Oooh ma l’è arrivata l’Irene! Gioia!” Lascio il trolley nell’ingresso e entro nella sala da pranzo. Giulio ha 6 anni ed è una sorta di terrorista in miniatura che si lancia dalla sedia sul divano e viceversa rischiando più volte l’osso del collo mentre mia cugina Guenda sta seduta a guardarlo con le braccia conserte e un sorriso ebete. Giulio va alla scuola Steineriana. In pratica non gli insegnano niente, tanto poi a leggere e scrivere imparano da soli. Va beh.

Mia cugina è sposata con uno psichiatra che ha 20 anni più di lei. E si è rincoglionita. Ha la mia età e mi sembra davvero di un altro pianeta. Ci salutiamo con due baci sulla guancia. Non mi dice nè mi chiede assolutamente nulla. Mi guarda e sorride e poi ricomincia a chiedere a suo figlio se per caso ha voglia tra poco di sedersi a tavola con noi. Io sono allibita.

Mia nonna mi dice sottovoce: “Lo sai com’è la Guenda.”

No, non lo sapevo che si fosse totalmente rincoglionita.

Arrivano i miei genitori e mia madre mi dice che le sembro ingrassata. Mio padre mi chiede se ho trovato il moroso. Arrivano le temutissime cugine gemelle D&G.

Sono la Sara e la Bea. Le odio. Mi mettono in soggezione. Entrano e portano una ventata di aria gelata nell’ingresso. Sono gelate, le loro guance sono gelate, i capelli invece maledettamente mechati e in ordine. Mi viene il dubbio che la Zia Noris glieli mechasse anche a sette anni perchè ora che ci penso hanno sempre avuto i capelli così. Hanno piumini colorati, il mio meno male che l’ho già tolto, visto che non è di marca, và.

Hanno sciarpette profumate e braccialetti e anelli enormi.

Salutano subito la nonna e la Guenda, che per magia si accende e diventa iper loquace.

Poi salutano Giulio che nel frattempo si sta dedicando ad una delle sue attività preferite cioè togliersi le scarpe e mettere le calze a mò di guanti per lucidare i piatti che sono sulla tavola apparecchiata.

Poi salutano me dopo avermi guardata dall’alto in basso. Hanno 20 anni appena compiuti e sono due stronze. Sono andate alla scuola Americana e per me sono già tremendamente zoccole.

Arrivano da Corso Como, sono stranamente senza buste al seguito. Hanno lasciato tutti i loro acquisti in macchina, ma il loro babbo glieli sta portando su, così potranno sfoggiare le centinaia di euro che hanno speso in cazzate. E a me verrà una colica epatica dal nervoso.

L’unica cosa che mi rincuora è che per la nonna Clelia io sono la preferita. Vado in cucina e lei mi passa una sigaretta di quelle bianche lunghe lunghe. Chiude la porta col piede ciabattato e mi dice “Gioia appena ste mummie se ne vanno chiamiamo la Rina e la Gianna e ci facciamo una scala quaranta di quelle come si deve!!”. E allora mi tornano le forze per affrontare questo pranzo previgilia di natale.

Ecco che mi sono liberata anche del Natale…

Tra le mie cugine Iene Gemelle e mia cugina Guenda e suo figlio Tsunami, mi sento fuori luogo. Non abbiamo niente in comune, non abbiamo niente da dirci e mi sento anche un po’ a disagio. Eppure quella è la casa dove sono cresciuta.Ci ho passato interi pomeriggi a giocare con la nipote della Gianna, quella della scala B. Giocavamo a metterci il rossetto di mia nonna e alle parrucchiere, con la lacca quella che comprano le nonne e i bigodini. Mia cugina Guenda da quando sta con lo psichiatra che le ha dato questo figlio incontenibile, ha imparato a parlare a voce bassa. E’ odiosa, sembra lo faccia di proposito. le chiedi qualcosa e lei bisbiglia, fa più moglie dello scienziato di sta ceppa, forse. Insomma, io non capisco cosa dice, anche visto lo starnazzare delle Cugine Mechate e le urla del pargolo Steineriano lasciato allo stato brado e lei rispondendomi dal’altro lato della tavola, si scoccia ogni volta che io le faccio: “Eh?”. Mi parla massaggiandosi il rolex, o il braccialetto tuttotemBestato di diamanti che formano la scritta “bonehur”. La detesto. Suo figlio intanto non vuole mangiare ma ha deciso che deve spostarsi da una parte all’altra della tavola passando sulle nostre ginocchia. E lei lo lascia fare. L’unica cosa che gli chiede sussurrando è:

“Giulio, ti prego di ricordare il discorso che abbiamo fatto a casa prima di venire qui.”

Ma vai a cagare, cretina. Ha sei anni! Il padre, lo scienziato, intanto è a tavola e mangia come un porco. Ha anche due belle patacche sulla giacca. Anzi una sulla giacca e una sulla camicia. Ma si sa, con di fronte a te una mente simile, non badi a questi particolari. La Guenda da quando lo ha sposato è diventata acidissima. Se la tira da fare schifo, perchè suo marito scrive libri e cura la testa delle persone. Eppure la Guenda da piccola non era così. A sedici anni aveva organizzato una fuga da casa con il suo fidanzatino diciottene. L’hanno ritrovata in un campeggio ad Alassio. Le Cugine Gemelle intanto mangiano lentamente e pochissimo. Una sta scartando con le mani tutti i pezzetti di grasso dal salame. A Capodanno vanno a Montecarlo a casa di una loro amica, con i genitori ovvio, ma mi spiegano che avranno un attico tutto per loro con tanto di piscina riscaldata sul terrazzo per fare feste con tutti gli amici e le amiche, mentre tutti i genitori alloggeranno al Montecarlo Bay, 770 euro a notte. Insomma una delle due tornerà a casa incinta, ho capito. Mi squadrano e la Bea mi chiede se il trolley verde pistacchio nell’ingresso è mio. Alla mia risposta affermativa, dà un colpetto col gomito alla sorella e dice “L’Irene è davvero un’intenditrice!” Che tradotto significa che ho pessimo gusto nel comprare qualsiasi cosa. Al momento del panettone, la nonna Clelia tira fuori quello che da una vita va a comprare in pasticceria, lo ordina e lo ritira lei. La Guenda inizia a chiedere “Nonna Clelia, dove l’hai preso sto robo”. C’è una nonna sola ed è la nonna Clelia, ma la Guenda sottolinea sempre il nome della persona a cui si rivolge. “Ciao Zia Adriana…Senti Zio Nicola…” e poi usa il termine “affare” o “robo” per qualsiasi cosa che non la riguardi direttamente; per ciò che non le interessa o che “schifa” un po’ c’è il termine “affare”. Inizia a cercare la scadenza. La stiamo guardando tutti. Suo marito invece è sul divano che dorme. Giulio urla: “Che schifo, nonna! Io voglio il panettone Melegatti!! Questo è della marca cacca!” La nonna mostra alla Guenda la scadenza e sottolinea che glielo hanno preparato in pasticceria come tutti gli anni. “E tutti gli anni te lo sei scofanato, troia” vorrei aggiungere io. Poi mentre Giulio continua ad urlare e a strusciarsi per terra perchè lui il “Panettone con la cacca” non lo vuole, la Guenda si convince dell’assenza di cacca e sta per addentare la prima fetta. Prima però la annusa. Dio che fastidio. L’ammazzerei. Annusa tutto con aria poco convinta e quando addenta qualcosa mastica come se davvero stesse assaggiando per punizione un tocchetto di merda secca di capra.

Finalmente se ne vanno. Sono le due e le Gemelle devono andare a casa di una loro amica che ha una scuderia e dunque andranno a cavallo tutto il pomeriggio. Nessuno a parte i miei mi ha chiesto come andasse il lavoro, lo studio, la vita. La nonna Clelia invece sa tutto perchè ci telefoniamo di continuo. Anche i miei vanno via, dico loro che passerò da casa la sera, portandomi nonna dietro, ovvio. La nonna chiude la porta mentre Giulio si attacca alla griglia dell’ascensore perchè vuole fare spiderman e grida come un pazzo. Le gemelle hanno lasciato la tavola un po’ prima perchè sono venuti a prenderle. Mia nonna fa un sospiro di sollievo, chiude la porta e con la mano fa un gesto inequivocabile tipo: “Ma andate a cagaaare!” Ridiamo, poi lei torna indietro e mette il chiavistello alla porta dicendo: “Adesso festeggiamo l’arrivo dell’Irene!” e inizia fare il numero della Gianna. Poi chiama la Rina. Ad entrambe dice che è arrivata la sua Stella. In poco tempo la casa è invasa di voci da nonne. Queste tre sono fuori, mi fanno morire dal ridere. Mia nonna tira fuori la tovaglia verde e le carte. Prendiamo il caffè e fumiamo le sigarette lunghe lunghe bianche. Ecco adesso sono arrivata a casa.

RICORDI DI UN NATALE AI CONFINI DELLA REALTA’