Dal mio Diario: Agosto 2008 PRIMA PARTE
E così e basta. Cioè è inutile. Quando una è cornuta, è cornuta. Non importa se è un tradimento “platonico”, come dice LUI. Ahahaha. Mi fa ancora più ridere e incazzare. Quando il tuo uomo scambia decine e decine di messaggi con la tua collega russa e troia, non c’è nulla da spiegare, nulla da sperare e niente da chiedere. L’ho mollato. Ho pianto 4 ore sulla spalla della mia amica Angela. Mi è anche scappata una bestemmia. Ma che razza di uomo avevo? Uno che si fa imbambolare da una biondina slava slavata? E che scrive messaggi patetici, cazzo. Patetici. E fa finta di niente. Christian ha dormito in macchina sotto casa mia la sera che l’ho lasciato. Mi ha chiamata 41 volte. Ha citofonato ad Angela che è scesa con le Crocs leopardate e gli ha detto che era meglio se se ne andava, “primo perché ti spacco la faccia in tempo zero se resti ancora qui, secondo perché non meriti nemmeno di vederla col cannocchiale tu, una come Ire.” Lui piangeva e la implorava di farlo salire un attimo. Io volevo scendere giù e fare come ha fatto la Carla, la tizia del sesto piano che secondo me e Angela è un trans: la Carla ha picchiato il fidanzato traditore a suon di schiaffoni e gli ha investito lo scooter con la macchina. E mentre lo menava urlava: “Oooh usciteeeee venite a vedere ‘sto mmmerdaaa!” Ho dormito nel lettone con Angela che mi ha fatto una camomilla e mi ha dato 3 valeriane. Christian ha dormito in macchina sotto casa mia. Il giorno dopo ho pensato a Irina – zoccola.
INCONTRO CON LA ZOCCOLA
Arrivo al Super durante la pausa. La vedo. E’ lì che fuma con il cellulare all’orecchio. Chissà, magari sta parlando con Christian. Mi dico: “Non devi toccarla, Ire, non devi azzardarti a toccarla anche se vorresti pestarla”. Arrivo davati alla zoccola che subito saluta il suo interlocutore e mi saluta: “Ciao Irina, dunque. Immagino che tu sappia che non gli piace il perizoma. Lo trova volgare. Ama le coulotte, e i completini color pastello. E’ allergico all’aspirina e alle fragole. Il suo piatto preferito non te lo dico, scoprilo da sola.” Lei mi guardava con gli occhi spalancati. E io, vaffanculo mi sono messa pure a piangere. “Siete due merde tu e lui, stammi lontana.” Volevo fare la splendida e non ho risolto niente. Lei mi guardava come fossi stata un’aliena.
CHRISTIAN NEL FRATTEMPO
Non lo so….avrà continuato a fare la solita vita di sempre. Ha cercato di parlarmi varie volte. Ma non ce la faccio. L’ho cacciato. L’istinto è quello di spaccargli la faccia, di urlare. Che banale, ridicolo stupido uomo avevo io…parafrasando la Bertè. La mia storia d’amore speciale è andata a puttane. Forse, come dicono le mie amiche dovrei dargli “un’altra possibilità”. Mi ha deluso troppo. Non adesso. Anche se sto male.
RITORNO ALLE ORIGINI
Niente vacanze per una cornuta. Niente spiaggia, niente mare. Niente. Angela mi ha implorato di andare a Milano Marittima con lei e le sue amiche ma il solo pensiero mi faceva rabbrividire. Ho voluto stare a casa dei miei a Milano. Sì, lo so, Milano d’estate… A parte il centro deserto tanto decantato dai servizi del tg dove raccontano che le città vuote sono meravigliose, il resto fa cacare. E a me di andare in bici in centro non me ne frega niente. Insomma i miei erano in ferie e dunque ho passato due settimane da loro. La mia casa, c’è ancora la mia camera, trasformata dal decoupage di mia madre. Potesse se lo farebbe anche addosso. Arrivo in Centrale con il mio trolley enorme. Aaaah, da quanto non sentivo la puzza dei binari di Milano. Vado a prendere la metro. E’ pieno di turisti. Ecco la cinese che spara le bolle di sapone con una pistolina per bambini. Poco prima ho fatto lo slalom tra le barbie taroccate in bicicletta. I venditori le liberano tutte insieme, queste bamboline pedalanti. Vado alla cassa, il vecchio ciccione col ciuffone bianco di capelli lunghi e gli occhiali spessi mi passa un biglietto automaticamente, non appena vede che gli sto porgendo una moneta da un euro. Mi dirigo verso la linea della metro che mi porterà a casa. Ecco il solito ragazzo con la chitarra, canta “Let it be”. Beh ha anche una bella voce, vorrei dirgli di partecipare ad X factor ma la folla che scende alla fermata mi scaraventa letteralmente giù dal treno. La puzza nei vagoni è imbarazzante. Puzza di “culo non lavato” dice Angela. Odore di piscio, birra, sudore. Arrivo alla fermata e mi chiedo se mi stia rendendo conto che la mia vita sentimentale è andata a puttane. “Non ci pensare, non ora”. Dieci minuti a piedi e arrivo a casa. Eccolo il mio condominio. Ecco il cortile, dove ho giocato a “Guardie e ladri” per ore, dove portavo le Barbie per giocare con le mie amichette. Ecco le macchine parcheggiate, ecco i miei vicini. Vale la pena di descriverli:
PIER: Età indefinita. Me lo ricordo che lucidava la moto e poi andava a prendere le ragazze. Raccontava a noi bambini, incantati a guardarlo mentre “aggiustava la moto” per ore e la lucidava. “vado al lago a prendere il sole con la mia fighetta”. Poi tornava con la ragazza di turno e limonavano un po’ sulla moto e lui aveva i jeans della carrera strettissimi sul pacco. E poi salivano in casa. Vive ancora con la madre. Non è cambiato molto visto che tutte le volte che vengo dai miei sta lucidando la moto. Quella invece, l’ha cambiata.
FAMIGLIA DE MARCO
Mamma obesa. Papà magrissimo sempre col mozzicone di sigaretta in bocca. Tre figli. Una femmina che “ha sposato a maggio”, come mi racconta la Signora e due maschi:
Nicola “il grande” e MiGhele” il piccolo. La Signora mi bracca subito anche perché è perennemente seduta in cortile con le altre pettegole. Si portano la sedia da casa. Una sera le ho anche viste mangiare un’anguria da 12 kg. “Nicola il granTe”, mi racconta la Sciura, “sta fidanzato sempre ccò la Manuela…quella lo vuole bene proprio a Nicola. Eeeh mò se ne vanno a Shamme e Scecchi, che hanno trovato un’offerta buona. Noi scendiamo al paese tra poco viene pure Mighele. Seeee, che si credeva che gli lasciavo la casa quello? Neeee! La casa mia si chiude. A Settembre poi ce ne torniamo io e suo padre allora è un discorso. Ma non è che lui si sta qua che si penza che mi porta la ragazza in casa a fare le cose. Che poi io non voglio responsabilità ancora quella esce incinta. No. No. Mi spiace. Casa mia si chiude. Se lui se ne vuole venire giù, c’ha i cugini e gli amici. La ragazza lo aspetta se no arrivederci! “
Ecco. Ecco sono tutti qua i problemi della Sciura De Marco. Il grande, il piccolo, la casa mia…ci puoi mangiare e quello se ne viene con la tuta di lavoro e butta le scarpe di qua e di là…..Li invidio un po’. A casa mia avrei voluto un po’ di casino come a casa De Marco. Il profumo del sugo la domenica, inizi a sentirlo alle 6. La sciura che ride sguaiata…I miei? L’opposto. E quando mio padre si sforzava di fare battute simpatiche risultava patetico. I miei sono supercolti, superintelligenti, guardano il supertelegiornale. La mattina alle 6 sono in piedi, vispi come due cocainomani. Mia madre fa Yoga, mio padre esce a comprare 4 dico 4 quotidiani. Colazione poi leggono i giornali, poi commentano i giornali, poi guardano il telegiornale, poi lo commentano. Poi mangiano sul tavolo di cristallo con quelle orribili tovagliette di bambù. “Mamma cazzo non siamo in America, mettiamo una tovaglia” Ma…niente. La Sciura De Marco invece apparecchia con la tovagliazza a quadri rossi e bianchi. Hanno i tovaglioli di stoffa stretti nell’anello di plastica colorato anni ’70 per distinguerli. La cucina è super vissuta, sul frigo c’è la radio. Si mangia tutti insieme la domenica. La pasta al sugo, la carne, gli affettati. Il caffè nel bicchiere. Mi ha subito invitata la sciura, sapendo che mia madre non c’era. “Chi ti cucina oggi? Vienitene da noi che ho fatto il sugo”. La casa dei miei con la libreria gigante piena di scartoffie, i vinili di mio padre, i libri di ricette di mia madre, che tanto non sa cucinare, mi sembra così estranea. Sarà che i miei sono pazzi. Davvero. Mia madre potesse partirebbe con qualche associazione per salvare le balene, fa yoga, sta rimandando sempre più la sua prima tinta per coprire i capelli bianchi. Era una prof. di Lettere. E si vede. Mio padre…potrebbe sembrare muto ma non lo è, sorride sempre, legge in continuazione. Usano nomignoli e vezzeggiativi che a me vien da pensare che davvero, da giovani si sono presi un acido di troppo. Mia madre è stata anche a Woodstock. E lo raccontava a tutti i miei amici. Dico solo questo. Io che cosa centro? Forse mi hanno scambiata in culla.
Ma un paragrafo speciale va a lei:
LA CLIZIA
In camera mia, il muro confina con quello di casa della Clizia. La Clizia io da piccola la invidiavo perché aveva un nome fighissimo secondo me. Andavamo alle elementari insieme. E alle medie e al liceo. Finchè lei non l’hanno arrestata. Andiamo con ordine. Figlia di un camionista puttaniere che ha altre due donne e tre figli rispettivamente in Germania e in Francia, perdonato dalla moglie al punto che a Natale un anno viene a Milano la francese e un anno la tedesca coi rispettivi figli, la Clizia è venuta su un po’ particolare. Alle elementari era una bambina studiosa e guardavamo i cartoni animati abbuffandoci di tè e Girella taroccata. Alle medie già limonava con i nostri compagni a turno nei cessi. Limonava prima con uno poi con l’altro e così via perché tutti glielo avevano “chiesto” (di fidanzarsi) ma lei doveva decidere e allora chi limonava meglio era il suo fidanzato. La Clizia sfruttava il malcapitato per:
farsi portare la cartella
copiare i compiti
e farsi mostrare giornali porno visto che era curiosissima
Le bussavo al muro e lei usciva sul balcone. “Scendiamo?” e lei: “Occhei”. E scendevamo in cortile a parlare di maschi, di limonare, e di cosa avremmo fatto da grandi. Poi parlavamo male delle altre amichette con teorie assurde da bambine di seconda media. “La Morena da grande diventa brutta perché ha i denti divisi davanti”. “Lo sai che la Erika ha i peli lunghi nelle braccia che la madre la mattina glieli pettina?”
In effetti io e la Clizia eravamo le più belle della classe. La Clizia mangiava sempre porcherie come: patatine, schiacciatine con l’origano stra unte, Fonzies, lattine di Cocacola e barrette kinder maxi. A me mia madre a merenda dava una fetta di crostata fatta in casa che io barattavo con lei per avere in cambio una brioche piena di grassi idrogenati. Lo so che ero fortunata, con la mamma che mi faceva le torte, ma tutta questa perfezione ha fatto di me una donna propensa all’ingrasso causa schifezze ingurgitate per colmare desideri infantili repressi. Insomma la Clizia anche al liceo “psicopedagogico” ha dato il meglio di sé. Beveva caffè “con vecchia” nel bar malfamato che puzzava di fumo da far schifo. Cioè un caffè con Vecchia Romagna. E lei a volte diceva: “Vecchia a parte.” Al liceo aveva avuto anche una storia lesbo con una supplente giovanissima. Roba da finire sui giornali. La Clizia allora aveva 17 anni. Tutte le domeniche dai 14 ai 17 anni andava a ballare nelle discoteche che aprono per i ragazzini. Faceva anche la “ragazza immagine”. Arrivava vestita con i jeans e una maglietta e il giubbotino, poi si cambiava e si trasformava per ballare. Che poi manco ballasse bene, la Clizia ma aveva un modo di fare…aveva delle espressioni da vamp che io cercavo di imitare davanti allo specchio ma facevo cagare. La Clizia ha iniziato a spacciare. Ebbene sì. Avrei pensato che si sarebbe prostituita, invece lei era una dritta, andava solo con chi le piaceva, ora ad esempio sta con uno sposato. La Clizia conosceva gente grande che spacciava e così la domenica pomeriggio e qualche sabato sera quando andava a ballare con le cugine più grandi ignare di tutto, si metteva decine e decine di “paste” nel reggiseno. Spacciava pastiglie, a volte anche solo aulin o valeriane, quando non aveva avuto il gancio e non aveva nulla da vendere. In questi casi vendeva i suoi “pacchi” come super paste e scappava. Insomma una sera c’è stata una retata e l’hanno presa, con centinaia di pastiglie tra stivali reggiseno e mutandine. Lei era anche un po’ fiera che per così tante paste potevano darle “tentata strage”. Invece era stata in una comunità, i genitori si erano mezzi infartati la madre l’aveva scassata di legnate, e alla fine la polizia aveva anche beccato gli spacciatori che la rifornivano per la vendita al dettaglio. E lei ogni tanto diceva: “Oh questi quando escono mi tagliano la gola”. E così, una sera di agosto ho spento il cellulare e ho bussato al muro, volevo proprio rivederla, La Clizia.